Viterbo, detenuto si suicida a un mese dalla scarcerazione: aperto un fascicolo per istigazione al suicidio
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Viterbo, detenuto si suicida a un mese dalla scarcerazione: aperto un fascicolo per istigazione al suicidio  

03/08/2018 


Viterbo – Istigazione al suicidio. È l’ipotesi di reato con cui la procura di Viterbo ha aperto il fascicolo d’indagine sulla morte di Hassan Sharaf, il 21enne egiziano che si è tolto la vita a un passo dalla libertà. Perché da Mammagialla, dove era arrivato (da un carcere della Capitale) a luglio dello scorso anno, sarebbe uscito il prossimo 9 settembre.

Ma lunedì Hassan è morto. Nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Belcolle, dove ha trascorso la sua ultima settimana di agonia. Hassan per sette giorni è stato in coma, in seguito a un tentativo di suicidio. Il ventitré luglio è stato trovato impiccato alle sbarre della finestra della cella d’isolamento dove era appena stato trasferito. “Per scontare – spiega Stefano Anastasia, garante dei detenuti di Lazio e Umbria, una sanzione disciplinare per un fatto risalente al marzo scorso. Appena arrivato in sezione, tempo due ore e Hassan si è impiccato”.

Il fascicolo d’indagine è stato aperto per istigazione al suicidio, ma è contro ignoti. E nelle prossime ore la procura di Viterbo dovrebbe disporre l’autopsia sul corpo del 21enne, per chiarirne le cause della morte.

Il caso è intanto diventato di livello internazionale, e da giorni è sulle pagine dei principali organi d’informazione egiziani. Il ministro degli affari esteri, dal Cairo e tramite il suo portavoce, ha fatto sapere di essere “in contatto con le autorità italiane” da quando Hassan è finito in ospedale, dove è morto “in seguito a complicazioni – riporta la stampa locale che cita autorità carcerarie italiane – derivanti dal tentativo di suicidio”. Il ministro Sameh Shoukry ha poi “chiesto l’apertura di un’inchiesta e di entrare in possesso dei referti medici di Sharaf”. Oltre ad aver “inviato a Viterbo una delegazione dell’ambasciata egiziana a Roma”. Un “incontro urgente” tra il console Sherif Elgammal e il procuratore capo di Viterbo, l’amministrazione del carcere di Mammagialla e i vertici dell’ospedale di Belcolle.

“Da parte delle autorità egiziane c’è massima cooperazione nell’operato della procura di Viterbo”, dichiara a Tusciaweb il console Elgammal dopo il colloquio con il procuratore Paolo Auriemma. “Ho acquisito – continua – tutta la documentazione necessaria affinché si possano accertare le cause del decesso di Sharaf. Perché per noi la vita di chi è nato in terra d’Egitto vale tantissimo”. “Al console – spiega Auriemma – abbiamo chiarito le ragioni e la durata della detenzione di Sharaf, e siamo pronti a rispondere con sollecitudine a tutte le richieste che l’autorità giudiziaria egiziana ci avanzerà”.

Il nome di Hassan Sharaf compare anche nell’esposto che a inizio giugno il garante dei detenuti di Lazio e Umbria ha inviato alla procura di Viterbo affinché “accertasse lo svolgimento di fatti che si sarebbero verificati nel carcere di Viterbo e le eventuali responsabilità”. Nell’esposto sarebbero contenute le dichiarazioni, tra cui quelle di Sharaf, di una serie di “detenuti che lamentavano di essere stati vittime di abusi da parte di agenti di polizia penitenziaria, in specie nella sezione d’isolamento” di Mammagialla. “L’esposto di Stefano Anastasia non è stato sottovalutato – assicura il procuratore Auriemma -, ed è già stato aperto un fascicolo contro ignoti e senza ipotesi di reato, intestato alla pm Eliana Dolce. Abbiamo acquisito, tra le altre cose, testimonianze e certificati medici. Ma, per il momento, non ci sono agenti di polizia penitenziaria o altre persone iscritte nel registro degli indagati. Anche perché, almeno per quanto riguarda il caso di Sharaf, stando alle nostre indagini, la ricostruzione è totalmente diversa da quella del garante, che invece non ha trovato riscontri”.

Nell’esposto, Anastasia denunciava: “Il 21 marzo scorso Hassan ha riferito a una delegazione del mio ufficio di essere stato picchiato il giorno precedente da alcuni agenti di polizia che gli avrebbero provocato lesioni in tutto il corpo e, probabilmente, gli avrebbero provocato anche la lesione del timpano dell’orecchio sinistro, da cui sentiva il rumore ‘come di un fischio’. Mentre raccontava Hassan si è spogliato per mostrare i segni sul corpo, e la delegazione ha visto molti segni rossi sulle gambe e dei tagli sul petto. Alla fine dell’incontro Hassan ha chiesto aiuto, dicendo di avere paura di morire”.

“Qualche giorno dopo – continua il garante dei detenuti – la provveditrice dell’amministrazione penitenziaria mi ha informato che la colluttazione con i poliziotti sarebbe avvenuta a seguito della resistenza opposta da Hassan e dal suo compagno di stanza a una perquisizione della loro camera da cui avrebbero svolto un traffico di psicofarmaci verso il piano di sotto”. Su questo episodio la procura di Viterbo, tramite il pm Stefano d’Arma, aveva già aperto un fascicolo d’indagine per resistenza a pubblico ufficiale in capo a Sharaf. “Ma – spiega il procuratore Auriemma -, dopo aver acquisito tutti i referti medici, è stato archiviato per mancanza di dolo”. Intanto un altro fascicolo, intestato al pubblico ministero Franco Pacifici, è stato aperto sul caso di un altro detenuto il cui nome compare anche nell’esposto del garante. Ma è sempre contro ignoti e senza ipotesi di reato.

Raffaele Strocchia
tusciaweb