Marta Cartabia, il carcere e la Costituzione
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Marta Cartabia, il carcere e la Costituzione  

14/02/2021 


 Marta Cartabia, nuovo ministro della Giustizia, è stata tra i giudici costituzionali che hanno tenuto lezioni su frammenti della Costituzione ai detenuti di diverse carceri italiane. Le tappe del “Viaggio in Italia”, questo il nome del progetto divenuto anche un docufilm, sono stati gli istituti Raffaele Cinotti di Roma Rebibbia Milano, San Vittore Francesco Di Cataldo, il minorile di Nisida, le case circondariali di Terni e Genova Marassi, la sezione femminile di Lecce. Marta Cartabia, allora vicepresidente del Corte Costituzionale, il 15 ottobre 2018 incontrò i detenuti del reparto La nave si San Vittore, dove si pratica un programma contro la tossicodipendenza. 

Nell’antichità, “la pena più grave, più della pena di morte, era essere esiliati dalla città, ma voi non lo siete, la Costituzione è scritta anche per voi perché è nata dalla sofferenza dei padri costituenti che sono stati in carcere e hanno voluto con chiarezza indicare nell’articolo 27 la finalità di rieducazione della pena” era stata una delle sue affermazioni più dirompenti che, tuttavia, avevano provocato domande scomode, come quella di un detenuto: “Come si è evoluto il concetto di umanità della pena negli ultimi 70 anni se nel 2018 mi trovo un parassita nel letto durante la detenzione?”. «Il fatto che voi percepiate una distanza tra le parole della Costituzione e la realtà che vivete - aveva risposto lei – non significa che quelle parole non siano vere. Sono gli ideali a cui continuamente aspiriamo anche se la realtà li contraddice, e come tutte le cose della vita hanno una attuazione inesauribile.
Lo scorso anno  nella relazione annuale sulle attività della Consulta, commentando  le sentenze n. 99, sull’applicabilità dei domiciliari ai «condannati affetti da gravi malattie psichiche sopravvenute» in carcere, e n. 253,  sull’illegittimità dell’art. 4-bis, comma 1, o.p. nella parte in cui non consentiva ai condannati per mafia e terrorismo la concessione di permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia, Marta Cartabia aveva suggerito  alla magistratura di sorveglianza di «perseguire le finalità rieducative del condannato, senza trascurare, al tempo stesso, le esigenze della sicurezza della collettività, ma calibrando ogni decisione sul percorso di ciascun detenuto, alla luce di tutte le circostanze concrete».
 Se la nomina dell’ex presidente della Consulta è stata accolta con diffidenza da rappresentanti del la comunità LGB per altrettanto chiare affermazioni contro il matrimonio omosessuale, sono evidenti le fiduciose aspettative su un nuovo corso delle politiche penitenziarie da parte di detenuti, associazioni di  volontariato e garanti delle persone private della libertà. Per tutti, eloquenti le parole di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone: “Abbiamo avuto modo di apprezzare le parole e il lavoro di Marta Cartabia alla Corte Costituzionale. La dignità umana e un'idea di giustizia non vendicativa sono state al centro della sua riflessione nel commentare il discorso di papa Francesco sulle carceri. E ha aperto la Corte alla possibilità di atti di intervento delle associazioni. Dunque la giustizia ritrova quella mitezza che dovrebbe caratterizzarla”.(f.g.)