CULTURA
Gigi Proietti e il carcere, nella finzione e nella realtà
03/11/2020
Oltre a Bruno Fioretti “Mandrake”, il giocatore incallito di “Febbre da Cavallo” (1976) di Steno, Gigi Proietti di truffatori e ladri sullo schermo ne ha interpretati diversi. Ancora per la regia di Steno, in "Mi faccia causa" (1984), è stato Luigi Marchetti detto "Mani d'oro", ladro dal buon cuore che in carcere fonda il Sindacato Ladri Artisti Professionisti. Per passare dal profano della commedia all’italiana al sacro del cinema politico eccolo ancora in "La proprietà non è più un furto"di Elio Etri (1973), sindacalista di mascalzoncelli che nell’elogio funebre definisce l’amico Albertone ( Mario Scaccia) “un eroe del lavoro” che “non rubava sul peso, non giocava in borsa, non sfruttava la gente. E che sarebbe il mondo senza noi ladri? Chi darebbe lavoro alla polizia, agli avvocati, alle guardie penitenziarie…”.Prima di frequentare location penitenziarie nelle vesti televisive del “Maresciallo Rocca”, Proietti aveva anche avuto modo di interpretare un intero film , "Urlo" di Tinto Brass (1968), nelle ex carceri di Santo Stefano e Sermoneta benché nel ruolo, molto diverso, di un seduttore anarcoide che trascina una promessa sposa dall'altare all'amore libero.
Forse, nel Tufello degli anni ’50, periferia romana cara a Pasolini dove l’attore è vissuto da ragazzo, Proietti avrà avuto modo di conoscere qualche rappresentante della malavita del tempo, perlopiù ladri e rapinatori. Uno di loro,ormai molto anziano, Marcel, l’ha incontrato nella casa circondariale di Rebibbia N.C. , il 5 gennaio 2015, durante un pranzo natalizio organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Un’occasione in cui, riferiscono alcuni presenti, non volle dimostrarsi indulgente con i detenuti presenti interpretando le “ mandrakate” sdrammatizzanti del personaggio più caro ai romani ma, come riporta gnewsonline.it , il quotidiano del ministero della Giustizia, fece molto di più: si mise seduto tra loro e non vicino al direttore, al personale e agli altri rappresentanti delle istituzioni penitenziarie. “ La vita è complicata” disse a Marcel e agli altri che gli raccontavano le loro disavventure tra libertà e galera aggiungendo “ Io sono uno di voi che ha fatto incontri diversi”.
A quel tavolo c’era anche Marco Costantini, oggi e da diversi anni libero, che racconta :“ Proietti non poteva ricordarsene ma era la seconda volta che lo incontravo e in entrambi i casi in momenti per me decisivi. Anni prima c’eravamo incrociati in Grecia, in un aeroporto. Io stavo tornando a Roma per andare incontro a una difficile esperienza. Dovevo avere un’espressione sconsolata… Lui mi riservò un grande sorriso. Lo stesso che ritrovai quel giorno, al pranzo della Sant’Egidio quando gli regalai il mio primo libro “Dieci stupide idiozie – Racconti dal carcere’. Lo sfogliò e quando si fermò a leggere le prime righe di un racconto, vidi una lacrima scendere dai suoi occhi. Non dimenticherò mai quel momento"
Marco Costantini oggi lavora in un’associazione culturale, si è sposato, ha scritto altri due libri e dice che nei suoi dodici anni di carcere ( per reati contro il patrimonio n.d.r). Non è stato per niente facile allontanarsi da quel passato. Ma, si sa: “la vita è complicata” (Federica Giuli).
Nella foto: i volontari della Comunità di Sant'Egidio con Luigi Proietti durante l'evento a Rebibbia